Articolo originale: http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/40843/Saitenwechsel http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/40843/2/1 http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/40843/3/1 Saitenwechsel [titolo intraducibile, perchè significa letteralmente "cambio di corde" ma è giocato sull'assonanza con "cambio di scena"] I concerti del violino di David Garrett riempiono gli stadi sia con Brahms che con Bon Jovi. I critici lo disprezzano per questo. Il musicista non se ne cura. Il suo obiettivo: liberare il pop dalla costrizione dell'ironia. Un anno in viaggio con un intrattenitore che prende il suo lavoro molto sul serio. di Andrian Kreye La scena chiave del film "Il Violinista del Diavolo", in cui David Garrett interpreta il virtuoso e compositore Niccolò Paganini, verrà girata stamattina - tarda estate del 2012 - nella sala 12 dei Bavaria Film Studios. Nelle ultime settimane, il regista Bernard Rose ha dovuto ricostruire tre strade della vecchia Londra. Nelle ore mattutine, gli scenografi hanno riempito la sala di nebbia artificiale. Attorno alle dieci, David Garrett si staglia per la prima volta contro lo sfondo dell'ingresso di un albergo del diciannovesimo secolo, uscendo dal riparo di una carrozza. Porta occhiali scuri, tiene un panno bianco davanti alla bocca, e si fa strada velocemente in mezzo a una folla di comparse, che rappresentano passanti, giornalisti e furiose dame della Lega della Moralità. La scena fa venire in mente Michael Jackson, che nei suoi ultimi anni ha dovuto proteggersi dalla calca ogni volta che entrava in hotel, in un centro commerciale o in un tribunale. Indubbiamente, il "violinista del diavolo" mette in scena la nascita dello star-system e della cultura pop nelle sale da concerto d'Europa attorno all'anno 1830. Paganini è stato in effetti la prima superstar, perché la sua carriera non è stata determinata dal favore di una corte, ma dall'entusiasmo delle masse, e perché ha ottenuto i suoi guadagni con le esibizioni. Il film, che verrà proiettato nelle sale a partire da ottobre, racconta anche la storia personale di David Garrett. Ne parla dal cortile della sala durante una pausa, mentre gli scenografi pompano nuova nebbia tra le facciate delle case, l'addestratore di cavalli riporta la carrozza nella posizione iniziale per una nuova ripresa e Garrett si rifugia sotto una tenda solare piazzata lì vicino. Nel caso di Paganini, come per Garrett, è la storia di un bambino prodigio tormentato dal padre, divorato dalla musica, che in seguito è acclamato dalle masse senza ottenere il riconoscimento che gli spetta dai suoi colleghi. Per Paganini la storia è finita in bancarotta, solitudine e malattia. Garrett al momento è l'unico violinista in grado di riempire palazzetti sportivi con Brahms e Beethoven, e guadagnarsi i primi posti nelle classifiche con versioni orchestrali di classici del rock. Ha 33 anni, è nato ad Aquisgrana. È stato bambino prodigio, virtuoso, modello e una volta ha abbandonato la scuola. Da sei o sette anni è una popstar, compare spesso in televisione e per qualche tempo ha detenuto il record di velocità nel suonare il "Volo del Calabrone" di Rimski-Korsakov. Per Garrett, la vicinanza con Paganini va oltre ai parallelismi biografici nell'infanzia e nell'adolescenza. "Paganini è uno che in un certo senso dubitava di se stesso. Questo per me è il motore della creatività. A forza di essere rimproverati, specialmente da giovani, si finisce col dubitare delle proprie capacità. E se ti fai queste domande lavori più duramente di chiunque altro. D'altra parte ostenti baldanza, e anche una certa arroganza verso gli altri, solo per non far capire che potresti non avere tanta fiducia in te stesso. Perché ci sono sempre momenti di insicurezza." Non lo si direbbe. Con il suo metro e 92, Garrett si fa comunque notare ogni volta che entra in una stanza. La sua natura introversa può essere scambiata per serietà. Ci vuole un po' per capire che se la cava meglio a gestire diecimila persone che una sola. Sul palco, comunque, il carisma di David Garrett è del tipo di Brad Pitt. Di norma, il suo viso è caratterizzato dalla curva delle labbra e dagli occhi malinconici. Quando sorride, la malinconia si dissolve in una luminosità che conquista le masse. Ma nelle foto ufficiali si nasconde di nuovo dietro un meccanismo protettivo. Perciò gli occhi sono delineati dal kohl, la testa si inclina in una o nell'altra direzione, ciocche di capelli ricadono sul viso e sulle labbra imbronciate. Se fate il nome di David Garrett a tedeschi acculturati, alzano gli occhi al cielo. Questo soprattutto perché suona sia pop che classica e in entrambi i casi rifiuta di assoggettarsi alle convenzioni - nel pop, alla "regola del figo"(1), e nella classica alla purezza dell'interpretazione. E lui lo sa. "Essere controversi non è male", dice. "Significa che fai qualcosa nel modo giusto, perché da una parte c'è gente che ti adora, e dall'altra gente che dice: 'non ho mai sentito una schifezza simile!' E come si dice, l'invidia va guadagnata. Anche Paganini aveva parecchi detrattori. È del tutto normale. È stato così perfino per Jascha Heifetz, e oggi viene considerato uno dei più grandi virtuosi del violino." Poche settimane dopo le riprese, Garrett è di nuovo in giro con uno dei suoi tour crossover. Con lui ci sono una tipica rock band con due chitarristi, e la Neue Philharmonie Frankfurt, un'orchestra di Offenbach che ha accompagnato anche i Deep Purple, DJ Bobo e Udo Lindenberg. L'Olympiahalle di Monaco, 12.500 posti, è sold out da mesi. Nei circoli classici, "crossover" è una parolaccia. Per Garrett, è soprattutto un mezzo: "Dico molto onestamente durante i miei concerti che uso il crossover per far capire la musica classica a un nuovo pubblico. All'inizio molti pensavano che non funzionasse. Ma chiunque venga a uno dei miei concerti classici vede molti bambini e molti giovani. Certo, c'è anche gente più anziana, ma sono davvero presenti tre generazioni. La musica classica è sempre stata il mio ambiente, e ho ottenuto il disco di platino con il Concerto per violino di Beethoven. Un Concerto per violino di solito vende tra le duemila e le cinquemila copie." Il concerto inizia con linee luminose su uno schermo alto dieci metri, e accordi rock sotto cui gli archi intrecciano rapidi schemi, del tipo che si sente durante gli inseguimenti nei film d'azione. Al centro del palco, David Garrett, in jeans, giacca e stivaletti aperti, viene portato su e giù da una colonna d'acciaio, mentre le dita della sua mano sinistra scivolano sulla tastiera del violino microfonato, alternandosi al tuono delle chitarre e dell'orchestra finché non si riconosce la melodia di "Welcome to the jungle" dei Guns'n'Roses. Più tardi durante il brano viene sparso ghiaccio secco dall'alto, mentre ballerine in short ridottissimi appaiono sulle pedane dietro i musicisti, scuotendo la testa a tempo con la musica. Sull'accordo finale, quattro getti di fiamme vengono sparati in aria dal bordo del palco. Seguono: "Yesterday" dei Beatles, la canzone popolare "Funiculì funiculà", il tema di "Pirati dei Caraibi", "Human Nature" di Michael Jackson e lo Scherzo dalla nona sinfonia di Beethoven. Siccome tutto è arrangiato nello stesso stile rock-sinfonico, con batteria, band e orchestra che si sovrappongono in intrecci musicali pieni di pathos ed emozione, non si riconoscono immediatamente i brani, cosa che però in seguito avviene con sicurezza. Tra uno e l'altro Garrett racconta aneddoti con battute da perfetto commediante, come la storia della sua partecipazione allo show di Helene Fischer, quando aveva messo gli spartiti sul pavimento solo per vederli scomparire nella nebbia artificiale. Il pubblico ride. Poi, lui si illumina prima di riportare il violino contro la guancia e l'archetto di lato. Si può non apprezzare lo show, se si è cresciuti credendo nella "regola del figo", se ci si aspetta che una rock band suoni con ritmo appassionato, e se da giovani si è imparato che le versioni strumentali di famosi brani rock vanno usate come sottofondo musicale nei supermercati. Secondo la "regola del figo", questo significa non solo che una canzone è diventata proprietà comune e quindi "popolare" nel senso originario del termine, ma anche che non la si può più etichettare nell'eterna guerra fredda del "figo" contro "non figo". C'è anche una quantità abbastanza grande di gente che di questa "regola" se ne infischia, o che la considera irritante. Stasera nell'Olympiahalle ci sono 12.500 di queste persone, che acclamano entusiaste ogni volta che riconoscono un brano, e seguono con aria felice il modo in cui David Garrett suona ancora e ancora il suo violino nelle alte posizioni sotto la luce tremolante dei riflettori. Durante l'intervallo, al banchetto degli hot dog, l'entusiasmo si cementa attorno ai tavoli in una conferma reciproca, non si è mai visto niente di simile, questo spettacolo, questo sforzo, ti cattura sul serio. Le facce durante queste conversazioni appaiono ancora felici come nella sala. Ed è possibile che davvero non abbiano mai visto niente di simile, perché di solito non vanno ai concerti. È un tipo di pubblico che in genere frequenta i teatri, le rappresentazioni del Cirque du Soleil, le produzioni di André Heller (poeta e cantautore austriaco, n.d.t.), gli spettacoli sul ghiaccio. Il tipo di eventi in cui l'elemento pop può competere con i travolgenti meccanismi del cinema e il coinvolgimento dello schermo. Lo stesso David Garrett non conosceva questo mondo. In gioventù e nell'infanzia ha passato la maggior parte del suo tempo studiando ed esercitandosi, o viaggiando per competizioni e concerti. Quando il padre Georg Peter Bongartz, avvocato e rivenditore di strumenti a corde di alta qualità, si è accorto che il figlio possedeva un insolito talento per il violino, David aveva quattro anni. I seguenti 15 anni di intenso lavoro ne hanno fatto quello che è oggi. "Nessun bambino si esercita volontariamente cinque o sei ore al giorno", dice lui. "Deve per forza esserci qualcuno che esercita pressioni, verbali o anche in certa misura fisiche". Ma il padre fa di tutto per promuovere la sua carriera. Per il suo primo concerto importante, David Bongartz riceve perfino un nuovo nome - Garrett, il cognome della madre Dove-Marie, ballerina classica americana. E tutto questo quando ha nove anni. Suo padre non è l'unico a scoprire il suo talento - è stato riconosciuto anche dalla grande violinista Ida Haendel, dai direttori d'orchestra Zubin Mehta e Claudio Abbado, e dalla casa discografica Deutsche Grammophon. A dodici anni suona insieme a Yehudi Menuhin, che lo definisce "il miglior violinista della sua generazione". Il mondo ermetico della musica classica, il business dei concerti con il suo contorno di agenti, produttori, impresari e pubblicità imprigiona David Garrett fino a quando, a diciotto anni, non si ribella. Prima andando a Londra, poi a New York. Si rifiuta di proseguire l'attività, fa il barista, il modello e accetta solo un ingaggio di tanto in tanto per finanziarsi gli studi alla Juilliard, dove all'epoca insegnano Itzhak Perlman e Isaac Stern. Uno di questi ingaggi è un'apparizione alla "Night of the Proms", uno spettacolo che associa orchestra e solisti classici con star del pop e del rock, in un clima di divertimento generale. La prima volta che Garrett partecipa allo show, nel 2002, con lui ci sono le Pointer Sisters, Bonnie Tyler, i Foreigner e gli Alphaville. È anche la prima volta che Garrett può sperimentare cosa significa esibirsi nei palazzetti sportivi ed essere acclamato da decine di migliaia di persone dopo ogni brano e ogni assolo, invece di ricevere un educato applauso alla fine del concerto. La sensazione non lo ha mai abbandonato. Gli amministratori del "figo" e dell'alta cultura diffidano di lui, non solo perché nel suo caso non si possono applicare i loro confini. Ma anche perché può capitare che un suo nuovo album arrivi da zero al numero uno delle classifiche, mentre Linkin Park e Eric Clapton ricadono al secondo e terzo posto. Per un disco in cui non c'è differenza tra gli arrangiamenti (per orchestra, rock band e violino solista) dei brani di James Bond, Vivaldi o Kurt Kobain. E anche perché suona Beethoven e Brahms per le masse, e le masse li capiscono. In Germania, i confini nel pop e nell'alta cultura funzionano in modo molto simile. Il principio di base deriva dalla moda del jazz, e si manifesta con una miscela di rituali, gergo, regole di abbigliamento e comunicazione codificata che solo gli "iniziati" possono capire. Tramite il jazz, gli intellettuali di colore americani si sono distinti dalla società ancora razzista degli anni '40. In Germania, nel dopoguerra, l'alta cultura era vista come un baluardo contro gli anni del nazismo e il loro abuso della comunicazione di massa. In seguito, la cultura pop si è imposta come reazione cosmopolita dei giovani contro il passato teutonico dei loro genitori e nonni. Quando la prima generazione del pop è invecchiata, i suoi figli hanno tracciato un'ulteriore linea di demarcazione, l'uso dell'ironia come mascherata espressione del disprezzo. Con David Garrett non ci sono più codici né significati nascosti, Garrett va alle radici della cultura popolare tedesca. Che non affondano nel blues, ma nel circo e nel minuetto. Perciò, se dopo la pausa suona Led Zeppelin, Bon Jovi e la Danza delle Spade di Aram Khachaturian, non c'è nessuna ironia aleggiante o astuta allusione da cogliere. Gli spettatori si sentono al sicuro. Anche quando suona Misirlou, la canzone che Dick Dale incise nel 1962 come singolo di surf-rock per prendersi gioco delle mode danzereccie dell'epoca, e che ha acquisito un triplo strato di significati ironici quando il regista Quentin Tarantino l'ha usata in "Pulp Fiction". Per David Garrett, Mirislou è solo il tema musicale di un film. Inoltre, se si imbatte nei codici del classicismo, tramite la sua conoscenza del virtuosismo li decifra per il pubblico e non solo a favore degli iniziati. Questo implica spesso una certa quantità di enfasi nelle sue esecuzioni, per esempio nei momenti palesemente più emozionali dei brani. La cosa può essere considerata kitsch in un'epoca in cui gran parte degli esecutori si obbliga a ricercare la purezza del suono senza il vibrato. E l'alta cultura non ama che le si ricordi quanto è sottile il confine tra il pathos e il pacchiano. In primavera, dopo il tour crossover, David viaggerà con i "Festival Strings Lucerne" e il direttore Adrian Prabava. Si tratta di un'orchestra da camera, per l'occasione integrata con musicisti ospiti per raggiungere l'organico di un'orchestra sinfonica. Il culmine del tour è Berlino. Due giorni prima è stato registrato il concerto al Gerry-Weber-Stadion di Halle, Westfalia. Seimila spettatori per un concerto sinfonico. Lunedì pomeriggio. Nella sala della Philharmonie di Berlino, venti bambini sono seduti ad ascoltare le prove. Alcuni di loro hanno portato le custodie dei loro violini per farle firmare a David, che è ancora in camerino. Il tour è massacrante. Da un lato, Garrett vuole provare ancora una volta di essere un vero virtuoso del violino. Perciò ha scelto il Concerto di Brahms, una delle più difficili composizioni di questo tipo, perché la sua tensione emotiva richiede la massima concentrazione e perché la parte, complessa, del violino si integra a quella dell'orchestra, rendendo ancora più arduo per il solista prevalere sul suono complessivo degli altri strumenti. Dall'altro lato, vuole ispirare un pubblico che entra in sala per lui più che per le composizioni. Quindi suona anche il Concerto n° 1 di Bruch, che è meno ostico, l'Ouverture del Barbiere di Siviglia, perché è molto nota, e "La Campanella" di Paganini, perché è un brano che permette di impressionare con virtuosismi prima dell'intervallo a cui segue Brahms. Tutto questo non è la norma. La regola vorrebbe un concerto orchestrale, di cui l'esibizione della star nel lavoro di Brahms è il momento saliente. Non si chiede niente di più. Ma chi di norma non vi assiste non lo sa. Il pubblico dà per scontato che David Garrett sia sul palco tutto il tempo, in un concerto che ha il suo nome in cartellone. Anche se va a scapito della sua salute e se deve allenarsi in palestra prima del tour come se fosse un pugile in cerca di un titolo. E serate come questa non sono l'eccezione. Si esibisce fino a 200 volte all'anno in concerti, festival, programmi televisivi, eventi mediatici. Passa quasi 330 giorni all'anno negli alberghi e, così dice, alla fine ci si sente più "a casa" che negli appartamenti di Berlino e New York, quasi sempre vuoti. Tobias Weigold-Wimmer ha osservato tanta ambizione per quasi dieci anni. Weigold, un uomo dai capelli grigi che ostenta un sorrisetto malizioso e occhiali cerchiati di metallo, è la persona che gestisce i progetti classici di Garrett e come suo tour manager lo conosce meglio di chiunque altro. Anche lui ha notato il crescendo. "Nell'ultimo tour, due anni fa, suonava brani di Fritz Kreisler nella prima parte, e il Concerto di Beethoven dopo l'intervallo. I pezzi di Kreisler sono differenti, perché hanno una durata compresa tra tre e cinque minuti. Non richiedono di estendere la tensione mentale e musicale così a lungo come in un Concerto per violino. Non era fisicamente estenuante come suonare i Concerti di Brahms e Bruch in una sola serata. Ma è David stesso a mettersi sotto pressione. E naturalmente a questo contribuiscono i suoi detrattori nel mondo della classica." Per prima attacca l'orchestra. Poi Garrett sale sul palco, sorride e si accomoda su uno sgabello da bar. Di fronte a lui, a una certa distanza, è seduta una ragazzina di dieci anni, con un vestito estivo. Suona il violino da tre. La prova non dura molto. Garrett suona con brio, spesso voltandosi a guardare il direttore, i musicisti, sorride, fa cenni, cerca il contatto visivo. La ragazzina non osa quasi respirare. Quei dieci minuti di Brahms l'hanno resa felice. Poi David Garrett si ritira in camerino. I musicisti si radunano nelle salette comuni o aspettano nella caffetteria. Il direttore si prepara per la serata nel suo camerino personale. Adrian Prabava ha 41 anni, è un affermato direttore d'orchestra. Ha vinto molti premi ed è stato assistente di Kurt Masur, nei sei anni in cui il leggendario Maestro del Gewandhaus ha diretto l'Orchestra Nazionale francese a Parigi, all'inizio dei '90. No, non è insolito che Garrett non parli molto con lui o con gli orchestrali, dice. A questi livelli, musicisti e direttori non hanno bisogno di parlare molto. Non ci sono discussioni preliminari, incontri o conferenze. Il lavoro si fa suonando, durante poche prove e durante il tour. Funziona tramite ascolto, occhiate, gesti. Il tour è stato magnifico. E il Brahms, che è un lavoro di una certa profondità, quanto è stato scavato da Garrett? Prabava esita, ride. Poi chiede "vuole dell'altro caffè?" Il primo violino Daniel Hao-Ming Dodds è ugualmente abbottonato. È impressionato dalla quantità di nuovi spettatori che Garrett porta nelle sale, e da come li sa gestire. Dodds è australiano. È stato primo violino in molte importanti orchestre, si è esibito come solista in tutto il mondo ed è considerato un pupillo di Claudio Abbado. Sì, ha anche suonato il Concerto di Brahms. "Interpreta Brahms in modo molto... Violinistico" dice. E poi aggiunge: "Non ha paura dei 'glissando'". Non suona come un complimento. Il desiderio di Garrett di condividere le emozioni generate dalla musica classica non può essere ignorato. Chiude gli occhi e spinge indietro la testa. Nei "forti" sottolinea i passaggi inclinando l'intero busto. Quando una cadenza è vicina al culmine, si piega all'indietro e muove il ricciolo del manico in un ampio arco verso il soffitto della sala. Tutte queste sono piccole trasgressioni - nell'ambiente classico non ci si rivolge al pubblico, non si ricorre alla gestualità, non si esagera per niente. Ora, un Brahms ti porta comunque a commuoverti facilmente. Poi, però, nel terzo movimento una ragazza in ottava fila inizia a ondeggiare per riflesso. Si muove da un lato all'altro, e le sue mani seguono il tempo in due quarti. La reazione non è affatto strana. Nel terzo movimento del suo Concerto per violino, Brahms ha concentrato tutto il fascino delle pianure ungheresi, con le loro danze gitane e melodie popolari. Nelle maggiori città europee del 19° secolo, erano l'equivalente dell'hip-hop moderno. Ritmi che venivano dai margini della società, e che riuscivano a trascinare le classi borghesi perché, pur nella sicurezza di una sala da concerto, davano l'impressione di poter evadere per un attimo dalla routine quotidiana entrando in un mondo di esotismo e pericolo. E quando David Garrett suona le corde doppie del tema principale con tutta la forza della sua cavata, quando fa cenno all'orchestra perché lo accompagni in modo ancora più appassionato mentre lui trascina la melodia in posizioni sempre più alte e cadenze sempre più veloci, l'incanto funziona anche oggi. "Ho sempre detto che nei concerti classici, chiunque si senta toccato dalle emozioni, dovrebbe lasciarsi andare tranquillamente", dice. "Nella tradizione della musica classica è totalmente comprensibile. Sarebbe stato terribile se nessuno avesse applaudito durante il Concerto di Brahms! La musica è stata scritta anche per liberare le emozioni. Il silenzio dopo il primo movimento? È oppressivo, non va bene per niente." Viene spontaneo un confronto. Tre giorni dopo, Isabelle Faust suona il Concerto di Brahms nel Prinzregententheater di München-Bogenhausen. La sala è piccola, il pubblico è più anziano, più esperto, più educato. Al momento, Isabelle Faust è considerata dai puristi la migliore. L'apprezzamento del pubblico degli abbonati di Monaco le facilita il lavoro. Sale sul palco dopo l'intervallo, sorride, fa un cenno. Poi inclina la testa, chiude gli occhi e durante l'introduzione orchestrale si volta verso l'interno. Inizia a suonare con gesti misurati, gli occhi sempre chiusi. Le curve di tensione di Brahms sono già note al pubblico. Con un'orchestra che nella prima parte del concerto ha suonato composizioni contemporanee, può portare al limite le sue sonorità, e esplorare la profondità del lavoro. Chiede molto a se stessa, all'orchestra, al pubblico. Un "glissando" qui non ha posto. Nel tour estivo, Garrett incrementa di nuovo i suoi sforzi. Siamo al Palazzo Reale di Monaco. L'ingresso stile tempio greco gli fa da sfondo. Davanti è piazzato il palco, che con le sue strutture e i suoi schermi copre quasi l'intera facciata. Lo spettacolo è progettato come un "sogno di notte d'estate". Sono giorni che piove, ma il pubblico non sembra preoccuparsene. 18.000 spettatori prendono posto in piazza vestiti con abiti funzionali e mantelline in plastica. In prima fila, alcuni posti sono riservati agli ospiti di David. Peter Schwenkow, che con la sua Deutsche Entertainment AG controlla il mercato dei grandi eventi, produttore dei concerti all'aperto dei Berliner Philharmoniker. È lui che gestisce i tour tedeschi del Balletto Nazionale Russo e di Andrea Bocelli, e organizza concerti di Natale come spettacoli di massa. Rick Blaskey, che gestisce la trasmissione radiofonica di eventi sportivi come la Champions League a Londra, ed è uno dei più affermati manager del mondo nel campo del crossover. Gli organizzatori dei concerti di David in Canada, gente del marketing, i suoi PR, lo staff del film, alcuni VIP. E il suo manager per la classica Tobias Weigold, che non è mai stato a un concerto rock. Il programma inizia con "We Will Rock You" dei Queen, che col suo pesante ritmo sincopato incita al movimento ogni quantità di persone da 36 anni. Seguono i Coldplay, il Lago dei Cigni, gli AC/DC, Beethoven, Bizet. Durante l'intervallo, tutti si radunano dietro il palco dove c'è una fila di roulotte. In quella di David entra solo una donnina dai capelli biondi, sua madre, l'ex ballerina Dove-Marie Garrett. Dopo l'intervallo, David Garrett torna in scena indossando una specie di accappatoio dorato, del tipo che indossano i pugili prima di salire sul ring. Portatrici di torce lo affiancano mentre si dirige verso il palco suonando "Eye of the Tiger", la canzone composta dai Survivor come tema del film Rocky III. No, nessun significato nascosto. Mentre esegue il classico di John Miles "Music", la parola fluttua sullo schermo in lettere di fuoco tra nuvole di note. Intorno a mezzanotte David Garrett e il suo tour manager arrivano nella galleria del Fünf Höfe di Monaco. La band, l'orchestra e tutto lo staff si sono radunati al "Barista", un locale con pannelli di legno e panche rivestite in cuoio. Ci sono birra, piatti caldi, voglia di festeggiare. Il concerto è stato un successo, il tour è sold out, il film è quasi pronto, le prime proiezioni sono piaciute. Il manager Rick Blaskey fa un breve discorso entusiasta su David, la band, la musica. È un atto di auto-legittimazione, e David se ne accorge subito. C'è troppa gente qui, stasera, a cui deve qualcosa. Quindi anche lui si porta al centro del locale e tiene un breve discorso. Sembra sincero e determinato. Poi il barista alza il volume della musica jazz. La tensione è placata. Garrett fa un giro, chiacchiera, poi si piazza nell'angolo più lontano del bar. I festeggiamenti durano quasi fino all'alba. A quel punto, lui se n'è già andato da un pezzo. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (1) - vediamo di spiegare questo punto: il concerto per essere "cool" (=figo, non lo si può tradurre in altro modo) deve STUPIRE, ma rispettando certe convenzioni definite dalle mode, dall'età media degli spettatori e dall' ambiente di riferimento. Per esempio, nei primi anni '70 poteva essere "cool" la divagazione psichedelica che estendeva a 10 minuti una canzone da 4. Ora lo sono la quantità spropositata di lanciafiamme dei Rammstein o gli abiti improbabili di Lady Gaga. Garrett viaggia sempre sul filo, forse anche perché per metà della sua vita non ha avuto idea di cosa fosse considerato "figo" dai suoi coetanei. :D